Quel riflesso nell’oscurità

ISBN 9788899762308

2,90 13,00 

Descrizione

Un delitto passionale che nulla ha a che fare con l’amore. Un assassino violento e crudele che contempla i sentimenti senza provarli profondamente. Un antico ordine che pretende di elevarsi al Supremo senza conoscerlo e venerarlo. Un investigatore stanco della vita, il cui intuito rivela il mistero ma scopre anche, sopito nel suo animo tormentato, un profondo senso della vita e della necessità di difenderla e renderle giustizia. Ancora un racconto sospeso, come già ne L’inciarmo, in uno spazio-tempo indefinito, dove i personaggi si delineano per le loro coscienze e percezioni, senza aver bisogno di un nome, di un volto, di un luogo e di un’epoca perché la loro storia è in ogni dove e dentro ognuno di noi.

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Versione

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Numero di pagine

109

Casa editrice

EDIZIONI LAURITA SRLS

Pubblicazione

Luglio 2023

Testo parziale

Era quasi l’alba. Stavo fermo sul muretto del ponte a guardare il fiume. Lento e placido trascinava con sé una vecchia giacca.
Avevo passato la nottata a girare per le strade e i vicoli di una città “abbandonata”, o semplicemente addormentata. Non avevo nessuna voglia di tornare a casa … tanto non c’era nessuno ad aspettarmi. Accesi l’ennesima sigaretta e tirai un boccata “ristoratrice”. In bocca avevo ancora il sapore amaro e nauseabondo di mezzo bicchiere di vino forzato a bere dal proprietario del locale durante la cena, una cena come al solito frugale e senza gusto: mi serviva solo per continuare a sopravvivere. Intanto fissavo quella giacca che pian piano scivolava sotto l’arcata del ponte. Attraversai la strada e con le mani sul bordo del muro presi a fissare quel pezzo di tela bruno che procedeva “instancabile” e senza sforzo verso il mare. I primi bagliori del sole lanciavano squarci di luce dall’orizzonte.
Non avevo alcuna voglia di tornare tra i miei muri, là dove un letto sempre disfatto attendeva le mie membra. Non avevo sonno ma allo stesso tempo non avevo alcuna voglia d’incontrare gente. Intanto la giacca era uscita dal campo della mia vista e il fiume continuava quieto a fluire sotto di me, portando con sé la mia memoria. Svuotato da ogni ricordo decisi di avviarmi verso casa: meglio il letto che volti anonimi che non svegliavano in me alcuna sensazione o sentimento. Non me ne fregava nulla! In pochi minuti ero giunto alla meta, mi svestii e incominciai a guardarmi intorno, in quella stanza buia e spoglia mi avvicinai allo scrittoio, aprii il cassetto già sapendo cosa cercavo nel fondo. Poggiai la pallina marrone su quel vecchio stiletto metallico e la riscaldai al calore di una lampada a olio … si era gonfiata e la inserii in uno scodellino di terracotta. Grazie al calore della lampada aspirai profondamente i vapori che si sprigionavano dalla combustione.
Mi prese subito una sensazione di lucidità e di euforia, poi un profondo senso di relax avvolse il mio corpo e la mente … tutto era rallentato: il respiro, i movimenti. I sensi erano intorpiditi, le emozioni ammorbidite, i desideri placati … non avevo alcun problema da far svanire altrimenti anche quello avrebbe subìto un annullamento. Erano passati molti anni dall’ultima volta e fu piacevole riscoprire gli effetti di un vizio che accompagnava le mie notti insonni e oziose. Quel momento era uguale ai tanti che avevo vissuto nella mia stanca e inutile vita. In quel momento non vi era nulla che suscitava in me un qualche interesse. Mi sdraiai a terra su uno spesso tappeto, continuando ad aspirare i vapori provocati dalla fiamma della lampada, le palpebre si chiusero. Immagini in sequenza cominciarono a sovrapporsi nella mia mente, scene confuse in un miscuglio di ricordi e frammenti illusori.
Stavo bene anche se la temperatura, seppure confortevole, non soddisfaceva la mia richiesta di calore … feci scivolare dal letto una coperta e mi avvolsi in essa come un baco nel suo bozzolo. D’improvviso il volto di una donna a me ben conosciuto “prese” la scena di un antico dramma che si consumava sommessamente nella mia mente. Un dramma ricorrente con “attori” sempre diversi. Il viso proiettato entro me era quello dell’unica donna amata nella mia squallida e inutile esistenza. Un fiore sbocciato al chiarore di un’alba come tante altre e reciso dopo qualche tempo dalla falce della mano di una figura vestita da un saio nero.

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